Sono sparite le auto economiche e…

Tempo di lettura: 3 minuti

…non è una buona notizia nemmeno per noi pedalatori. O almeno per noi pedalatori che abbiamo a cuore le sorti di Gaia.

Può sembrare un controsenso, auto sempre più care, la gente dovrebbe rivolgersi a soluzioni alternative e invece no, anzi l’immatricolato cresce, come certificato da UNRAE.

Però i numeri da soli non dicono tutto, perché l’aumento percentuale (ad agosto +12%) salta fuori con il raffronto del precedente calo delle vendite, dovuto a poco disponibilità, crisi dei chip, covid e così via. Quando si scende tanto, ogni aumento è in percentuale alto, lo sappiamo.

Quindi nel raffronto con gli anni precedenti abbiamo meno auto vendute, sembra una cosa buona ma non lo è. Vediamo cosa sta succedendo.

Se guardiamo al dato globale, c’è stata un forte contrazione del mercato, che nel 2022 è calato in maniera considerevole: anche perché sono sparite le auto con prezzo di listino sotto i 14.000 euro, che nel 2019 e 2020 da sole valevano il 7% del mercato nazionale. E sempre meno sono quelle con prezzo di listino sotto i 20.000 euro.

Ma attenzione: siamo abituati alle grida disperate dei costruttori a ogni zero virgola in meno nelle vendite, perché adesso tutto tace? Semplice, perché i profitti sono alti.

Lo spiegano molto bene le puntuali analisi del Centro Studi Fleet&Mobility, che vi riassumo in una frase: queste le auto, questi i listini, se puoi permettertela bene, sennò tieniti il vecchio catorcio.

Le aziende puntano a produrre e vendere meno auto, non hanno interesse a soddisfare l’intera domanda.

Una politica commerciale solo apparentemente suicida perché c’è un tassello fondamentale di cui tener conto: le emissioni.

Facciamo un salto indietro.

Il 1° gennaio 2020 è entrata in vigore la normativa europea che vuole incentivare la diffusione di veicoli a emissioni più basse in tutti gli Stati membri dell’UE con il piano di raggiungere la media di 60 g/km di CO2 entro il 2030, pena il pagamento di multe per ogni g/km di emissioni oltre i limiti.

Iniziamo subito con il definire i limiti della normative europea, che per il 2020 non doveva superare la media di 95 g/km sul 95% del venduto. Ogni Costruttore quindi ha deciso quali auto far rientrare nel 5% escluso dal conteggio, e poi dal 2021 si è tenuto conto dell’intero immatricolato.

Chi non rispetta i parametri paga una multa di 95 euro per ogni grammo di CO2.

Vi sembra una inezia? No, perché si deve moltiplicare per ogni auto venduta in Europa.

Quindi, poniamo per esempio che un costruttore venda 500.000 veicoli a livello europeo in un anno solare ed ecceda di 5 grammi il limite stabilito; andrebbe a pagare 95€ moltiplicato 5g moltiplicato 500mila veicoli, ovvero 237,5 milioni di euro.

Ora, senza star qui a tediarvi con tutta la complessa normativa, coi suoi strumenti di compensazione e così via, ecco spiegato perché le auto più economiche sono sparite e perché le aziende non si curano di abbassare i listini o proporre modelli economici malgrado tutto sia schizzato alle stelle, il credito costi sempre di più e le persone non hanno la disponibilità per acquistare vetture costose: le auto economiche sono quelle più inquinanti, se le vendessero sforerebbero la quota emissioni, la multa da pagare non solo eroderebbe il margine di profitto ma lo annullerebbe, mandandole in passivo.

Invece gli azionisti si godono ricchi dividendi, le aziende fanno utili (non c’è più battaglia sui prezzi e le finanziarie vanno a gonfie vele) e da questo lato nessuno protesta.

Però: le emissioni non si riducono, anzi aumentano; il parco auto circolante è sempre più vecchio e insicuro; la riduzione dell’immatricolato ha significato la perdita di migliaia e migliaia di posti di lavoro nell’indotto.

Ecco perché all’inizio vi ho detto che non è buona notizia. Per quanto possano essere più inquinanti, le auto nuove di fascia più bassa sono comunque meno inquinanti di quelle omologate con le precedenti categorie Euro X. 

Senza dubbio l’iniziativa europea è lodevole, ridurre le emissioni causate dal traffico veicolare privato è una priorità non rimandabile.

Ma dati alla mano, a tre anni dall’entrata in vigore della normativa sulle emissioni i risultati ci presentano un quadro sconfortante, con dati peggiorati.

Perché le auto a bassa emissione costano troppo, la crisi economica erode sempre più il potere di acquisto e a questi prezzi pochi possono permettersi di cambiare l’auto e soprattutto troppe Nazioni, con l’Italia capofila, stanno facendo poco o nulla per incentivare la mobilità alternativa, economica, quella che potrebbe fermare proprio le auto più vecchie.

Appena insediato l’attuale Governo, il primo atto del neo ministro delle Infrastrutture e Trasporti è stato proprio cancellare ogni voce di spesa relativo alla mobilità sostenibile, quella in bici soprattutto. 

Nella rimodulazione dei progetti approvati del PNNR i primi ad essere stati cancellati sono stati quelli per infrastrutture ciclabili e mobilità.

L’ennesima riforma del Codice della strada che fra poco approderà in Parlamento prevede una sostanziale punizione per i monopattini (simpatico o meno, sempre meglio ‘stò coso che l’auto), con la scusa di rendere uniforme la normativa renderà di fatto illegali la quasi totalità degli autovelox presenti sul territorio (per la gioia dei suoi elettori che gli chiedono di potersi sfogare correndo in auto, basta dare una occhiata ai commenti sui profili social del ministro, e i seguaci sono gli stessi che si augurano di vedere noi ciclisti stesi sull’asfalto), sfoggia amicizia col nostro mondo a pedali inserendo l’obbligo del metro e mezzo di distanza, salvo poi annullarlo in pratica perché “solo laddove la strada lo consenta” e comunque senza controlli, a che serve?

L’Europa ha avuto coraggio, ha dovuto mediare per bilanciare i singoli interessi nazionali e nelle inevitabili crepe delle buone intenzioni si sono infilate le aziende e i meschini interessi di parte.

Nel timore delle competizioni elettorali troppi Stati Europei hanno rinunciato alla visione, al progetto iniziale, con soluzioni che hanno peggiorato tutti i fronti, sia ambientali che economici.

E vi sta rinunciando adesso anche l’Europa, con la sostanziale retromarcia sulla normativa Euro 7.

Da qui alla prossima primavera, con una elezione del Parlamento Europeo mai così divisiva e importante, praticamente tutti hanno terrore di perdere e nessuno vuole legare le proprie fortune elettorali ai temi ecologici e di salvaguardia dell’ambiente. Temi cavalcati con enfasi e una massiccia campagna di disinformazione dai partiti estremisti.

Eppure i fatti dimostrano che giocare al ribasso, come si è fatto con le emissioni auto, non solo non serve ma peggiora la situazione: figuriamoci voler negare il problema, dire che non esistono inquinamento e repentino cambiamento climatico a cosa può portarci.

Pensare che disincentivare l’auto rendendole più care riesca a risolvere il problema delle emissioni è una colossale sciocchezza. Lo dimostrano i fatti.

L’auto la lasci a casa solo se hai una alternativa, fattibile, economica, reale.

Perché torniamo sempre al punto di partenza: a noi non serve convincere chi pedala a mollare l’auto e andare in bici, lo facciamo già.

A noi serve convincere chi va in auto a mollarla in favore della bici.

Ma se non creiamo le condizioni, se non si investe in infrastrutture (non solo ciclabili, anche trasporto pubblico), se invece di riunire si continua a smembrare gli uffici dislocandoli a chilometri di distanza l’uno dall’altro e raggiungibili solo con la mobilità privata, se non riprogettiamo la pianta urbana e dei servizi non andremo da nessuna parte.

Eppure proprio questa politica commerciale della case automobilistiche europee (per quelle cinesi il discorso è diverso, ma non è questa la sede) potrebbe essere l’ariete per aprire la breccia nelle fila di coloro che una vettura nuova a queste condizioni non posso permettersela, creando di fatto una nuova fascia di utenza disposta a rinunciare all’auto in cambio di una valida alternativa.

Alternativa che però non si vede all’orizzonte. E nemmeno qualcuno con la volontà di crearla.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">Giuseppe</cite>

    Credo che il problema tutto italiano è legato alla sostanziale assenza di TPL. Milano è l’unica città dove si può quasi pensare di fare il pendolare, trenord permettendo (e spesso non permette), ma già Roma nella sua interezza è scarsamente collegata, anche meno di Napoli. Per andare al Colosseo ci sono mille modi, per muoversi da un quartiere semiperiferico ad un altro senza mezzo proprio è un delirio.
    Non parliamo poi dell’intermodalità, concetto che al ministro dei trasporti leghista probabilmente fa venire l’orticaria…

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Hai perfettamente ragione Giuseppe. manca l’alternativa.
      Si, ci sono quelli che usano l’auto per fare 100 metri, io vedo persone che dove ho la casa al mare la prendono per percorrere i pochi metri che li separano dal bar e vabbè. Ma vedo pure che lì in zona se non usi l’auto non puoi far niente, l’estate scorsa con mia moglie in una giornata dovemmo percorrere oltre 70km perché il pronto soccorso era in un posto, l’ortopedico in un altro, l’ufficio che doveva rilasciare un certificato in un altro e così via. Tutto lontanissimo, singoli presidi e uffici sparpagliati in edifici enormi e semi abbandonati. Bastava riunire tutto, anche perché ogni singola sede non ha collegamenti diretti di nessun tipo.
      Il problema è che non si fa nulla per non rendere l’auto indispensabile, non puoi pensare che una persona con un polso fratturato si faccia 70km in bici per curarsi. Ma potevamo farcene 10 invece di 70, già sarebbe stato meglio. Ed è così in tutto, qui in città posso spostarmi in bici ma perché abito al centro e bene o mele ho qualcosa vicino. ma giusto per rimanere in tema sanitario, la Asl che prima era nello stesso quartiere adesso è dalla parte opposta della città, collegamenti pessimi.
      Finché non si creano anzitutto le condizioni ambientali per ridurre l’uso dell’auto, che non significa (solo) ciclabili ma riunire i servizi e renderli facilmente raggiungibili, è difficile ogni progresso.

      Fabio

  • <cite class="fn">Francesco</cite>

    A Milano i certificati anagrafici fatti dalle edicole avevano riscosso enorme successo ( poi bisognerebbe aprire il capitolo del perché ci voglia sempre un certificato di ciò che spesso si sa). Soprattutto da parte di stranieri ed anziani senza PC che prima si recavano all’anagrafe.Tutto bloccato dal Ministero per questioni di privacy e conseguente intasamento delle anagrafi ( e relativi viaggi).Una goccia in meno di spostamenti certo, ma comunque si erano risparmiati spostamenti inutili.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Già, piccole cose ma che sommate a tante altre potrebbero fare la differenza, raggiungere un risultato.
      Ne ho parlato a lungo ieri con un caro amico, fervente sostenitore della nostra impossibilità a cambiare le cose. Io non ho questa visione, so che molte sono parole al vento, so che a trattare questi argomenti e in questo modo “perdo consenso” ma sento il dovere di studiare prima e scriverne poi, anche se questo significa perdere qualche lettore.
      Da uno che battezzato la sua bici per amore di Tolkein, non puoi che aspettarti una sua citazione: …anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro”.
      E io sono convinto che siamo proprio i piccoli gesti quotidiani quelli che possono cambiare le cose.

      Fabio

      • <cite class="fn">Francesco</cite>

        Fai bene invece a proporre questi argomenti.Lencose cambiano, magari non alla velocità che vorremmo ma cambiano.

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